Sentire bene per sentirsi meglio

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Entro il 2050, il 25% della popolazione mondiale subirà un calo dell’udito. In Italia problemi per 7 milioni di persone. Dalle società scientifiche un patto per promuovere scelte di prevenzione e cura più consapevoli

di Stefano Menna

27 marzo 2023 – Sono oltre 400 milioni le persone che, in tutto il mondo, convivono con un deficit uditivo. Si tratta di un fenomeno in continuo aumento: le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) prevedono che, entro il 2050, circa una persona su quattro sperimenterà un calo dell’udito. In Italia già oggi ne soffrono 7 milioni di persone, pari al 12% della popolazione, percentuale che sale fino al 50% tra gli ultra 80enni. Ma non è solo un problema degli anziani, anzi: l’allarme riguarda anche la crescente esposizione al rumore negli ambienti di lavoro e ricreativi. Secondo l’Oms, nei prossimi anni oltre un miliardo tra giovani e adulti potrebbe essere a rischio di perdita dell’udito.

L’ipoacusia è una condizione associata a numerosi fattori, in particolare agli effetti combinati di rumore, danno metabolico-ossidativo, invecchiamento, malattia ed ereditarietà. Le patologie dell’orecchio, in particolare la sordità, sono fortemente invalidanti con un impatto economico e sociale sui singoli e sulla comunità piuttosto gravoso. Inoltre chi soffre di problemi uditivi tende a isolarsi, una propensione più marcata tra le persone in condizioni socioeconomiche precarie o svantaggiate.

Agire subito, fin dalla culla

L’Oms sottolinea come nel 60% dei casi queste malattie possano essere identificate e affrontate già dalla medicina di base. L’invito è allora quello di integrare la cura dell’udito tra le cure primarie, come componente essenziale della copertura sanitaria universale. La prevenzione gioca un ruolo cruciale per il riconoscimento precoce dei pazienti a rischio e il trattamento dei primi sintomi. Diagnosticare tempestivamente le condizioni patologiche permette di migliorare prognosi e qualità della vita del paziente ipoacusico, evitando gravi disabilità. Soprattutto se si interviene fin dai primissimi giorni di vita: perché un deficit uditivo, se non viene subito identificato e corretto, può ritardare lo sviluppo linguistico, cognitivo, i processi di memoria e apprendimento.

Secondo i dati della Società italiana di neonatologia, l’ipoacusia o sordità congenita colpisce 1-2 neonati su mille ed è la seconda causa di disabilità dello sviluppo. Non solo: tra i neonati ricoverati in terapia intensiva e quelli con familiarità per ipoacusia infantile, la prevalenza può essere fino a 10-20 volte maggiore, ancor più alta (fino al 3%) tra i nati prematuri. L’Oms raccomanda quindi l’introduzione di programmi di screening neonatali, per ridurre drasticamente gli effetti invalidanti delle patologie neurosensoriali congenite più frequenti. In Italia, lo screening è obbligatorio per tutti i nuovi nati come previsto dall’ultimo aggiornamento dei Lea. Sono stati realizzati 9 censimenti nazionali per monitorare la copertura dello screening, l’ultimo dei quali, nel 2017, ha rilevato una diffusione superiore al 95% (valore ottimale secondo le linee guida internazionali).

Un’alleanza trasversale

In occasione della giornata di sensibilizzazione sulle malattie dell’orecchio, 13 società e federazioni medico-scientifiche hanno siglato il “Patto per la salute dell’orecchio e dell’udito”, documento programmatico a tutela della salute uditiva di bambini, adulti, anziani. Un’alleanza tra specialisti, per offrire al cittadino le migliori evidenze scientifiche e supportarlo nelle scelte consapevoli di prevenzione e terapia. Quattro gli obiettivi principali: informare, mobilitare i medici delle diverse specialità, moltiplicare l’efficacia della prevenzione, ottimizzare i percorsi integrati ospedale-territorio per la diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi uditivi. Tra le proposte avanzate alle istituzioni, dare vita a un Osservatorio nazionale permanente sulla sordità.

Alle persone anziane e ai più fragili si è rivolta in particolare la Commissione di albo nazionale dei tecnici audiometristi, che ha lanciato un appello per rendere più accessibile per queste categorie – sul territorio o a casa – una valutazione audiologica interdisciplinare. Oltre a convivere con il disagio provocato dal deficit uditivo, anziani e fragili spesso vedono compromettersi nel tempo le proprie capacità sociali e relazionali. Quando invece diagnosi precoce e interventi appropriati (tra cui la terapia protesica) potrebbero mitigare gli effetti provocati da ipoacusie e sordità, anche sul fronte dell’isolamento e del deterioramento cognitivo. Eppure la diffusione delle protesi nel nostro Paese è ancora abbastanza contenuta: sebbene il 12% della popolazione italiana soffra di perdita dell’udito, solo il 4% utilizza un apparecchio acustico.


Fonti e documenti per approfondire